“Boss” di Michelle Valberg. Vincitrice nella categoria Terrestrial Life (4/12)

“Su un’isola remota nel nord della British Columbia, la fotografa Michelle Valberg si è accucciata a terra, cercando di ricordare di respirare. Diversi metri davanti a lei, un orso Kermode (Ursus americanus kermodei) – una sottospecie dell’orso nero americano – aveva immerso la testa in un fiume in cerca di uova di salmone, e lei sapeva cosa sarebbe successo dopo. Quando il grande orso ha sentito il bisogno di respirare, ha tirato fuori la testa dall’acqua e si è scrollato, lanciando scintillanti goccioline d’acqua in una spirale intorno alla sua testa.
Sebbene la maggior parte degli orsi Kermode che vagano per le isole costiere della regione siano neri, circa il 10-25 percento è bianco. Questa colorazione particolare non è segno di albinismo, perché questi orsi hanno la pelle e gli occhi pigmentati. È, tuttavia, un tratto ereditario completamente recessivo, e gli scienziati si sono chiesti a lungo perché gli orsi morfo-bianchi, spesso chiamati orsi spirito o orsi fantasma, fossero così comuni su queste isole. Nel 2009, un team di ricercatori dell’Università di Victoria ha monitorato la capacità di pesca del salmone tra gli orsi Kermode, sia neri che bianchi, e ha scoperto che gli orsi neri avevano un po’ più successo quando pescavano di notte, mentre gli orsi bianchi avevano molto più successo durante il giorno. Gli orsi fantasma, come quello fotografato da Valberg, sono molto vistosi per gli umani, ma non per un salmone che guarda attraverso l’acqua. Con il cielo luminoso sullo sfondo, un predatore bianco è in realtà meno appariscente di uno scuro, motivo per cui così tanti uccelli marini e trampolieri hanno il piumaggio bianco.
In quel particolare giorno, l’orso davanti a Valberg avrebbe potuto essere di qualsiasi colore; le uova che si trovavano sul letto del fiume costituivano un pasto facile. Rilassato e tranquillo, ha brevemente guardato negli occhi Valberg prima di abbassare la testa in acqua. “Ho sentito un nodo alla gola”, dice la fotografia naturalistica di quel momento che riassumeva un significato preciso per lei: l’opportunità di guardare negli occhi la natura selvaggia e vederci il riflesso di noi stessi, di capire che, dopo tutto, siamo intrinsecamente legati’.”

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