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Giulia Covelli e l’arte del tatuaggio in bianco e nero tra tecnica e connessione umana (28 foto)

Giulia Covelli è una tattoo artist triestina che ha conquistato la scena internazionale con le sue creazioni in bianco e nero, diventando una maestra del black and grey in grado di padroneggiare diversi stili di tatuaggio. Il suo percorso artistico inizia sui banchi dell’Accademia di disegno e illustrazione di Padova, per poi sfociare in un lungo apprendistato che l’ha portata a lavorare in tutta Italia e oltre confine – dalla Germania al Regno Unito passando per Irlanda, Belgio, Giappone e Francia.

La sua carriera è costellata di prestigiosi riconoscimenti: nel 2021 è stata l’unica tatuatrice del Friuli Venezia Giulia a partecipare alla Tour and Taxis Brussels International Tattoo Convention, l’anno successivo ha conquistato il primo posto alla competizione Inkspired Tattoo Convention Brussels, e nel 2024 ha vinto il primo premio per il tatuaggio ornamentale alla Convention di Trieste.

Ma dietro la tecnica impeccabile e i premi internazionali c’è molto di più: Giulia crede profondamente nell’importanza di instaurare un legame autentico con chi sceglie di affidarle la propria pelle, tanto da aver riservato nel suo studio di Trieste ampio spazio a un salotto dove conversare e conoscersi prima ancora di iniziare a tatuare. Perché ogni tatuaggio, per lei, è prima di tutto una storia da raccontare attraverso linee d’inchiostro che diventano tracce indelebili di connessioni umane.

Nella galleria che segue potrete ammirare una selezione dei suoi lavori, accompagnati da un’intervista esclusiva in cui Giulia ci racconta il suo approccio all’arte del tatuaggio e la sua visione di un mestiere in continua evoluzione.

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Il tuo stile ha una forte identità floreale e ornamentale. Come è nato questo linguaggio visivo e cosa rappresenta per te?

“Il mio stile ornamentale e floreale nasce da un progetto di ricerca che viaggia tra estetica e anatomia. Ho sempre percepito il tatuaggio come un abito permanente, qualcosa che deve vestire il corpo in modo armonico, valorizzandone le forme e rispettandone l’essenza.

L’ornamento mi aiuta a seguire le linee, i volumi, i movimenti dei muscoli; è ciò che dà struttura e ritmo alla composizione. L’uso del contrasto tra chiari e scuri mi permette di evidenziare i punti salienti, creare profondità e dare dinamismo al disegno, mentre la componente floreale introduce delicatezza, eleganza e significato. Ogni fiore porta con sé una simbologia culturale, e questo mi permette di intrecciare la bellezza formale con una dimensione più emotiva e narrativa.”

Molte persone si affidano a te per coprire cicatrici o segni personali. Come vivi questa responsabilità emotiva e quale significato ha per te trasformare il dolore in rinascita?

“È una delle parti più intense e umane del mio lavoro. Quando una persona si affida a me per coprire una cicatrice o un segno, non sta semplicemente chiedendo un tatuaggio, ma una nuova immagine di sé. In questi casi il disegno deve ridare vita a una zona del corpo che il cliente tendeva a nascondere: il tatuaggio diventa uno strumento per restituire fiducia, per trasformare quella fragilità in qualcosa di bello e fiero.

Allo stesso tempo, queste situazioni richiedono una concentrazione altissima: lavorare su cicatrici, smagliature o zone di pelle danneggiata significa mettere in campo competenze tecniche non da poco, che per fortuna ho maturato negli anni, e insieme una forte sensibilità umana, per non far sentire la persona fuori posto. È un processo intenso, spesso drenante, ma profondamente gratificante: alla fine della giornata, sapere di aver contribuito a una piccola rinascita ripaga di ogni sforzo.”

Con oltre 13 anni di esperienza e collaborazioni internazionali, cosa hai imparato viaggiando e lavorando in contesti culturali diversi? C’è un luogo o un incontro che ti ha segnato in modo particolare?

“Viaggiare, per me, è linfa vitale. Serve ad aprire la mente, ad alimentare la curiosità e a confrontarsi con artisti che hanno sensibilità, background e riferimenti completamente diversi dai miei. È una delle cose più belle di questo lavoro: poter scoprire che, anche quando tutto ti sembra lontano o diverso, ogni artista ha qualcosa da insegnarti e ogni cultura modella in modo unico sia i clienti sia chi tatua. Il mondo del tatuaggio è come un piccolo universo dentro il mondo reale: ovunque tu vada, quando entri in uno studio ritrovi sempre qualcosa di familiare. Ci sono codici, attenzioni e passioni che restano identiche anche a migliaia di chilometri da casa, e questo crea un senso di appartenenza fortissimo.”

“Negli anni ho avuto la fortuna di lavorare in studi come Baron Noir a Bordeaux, Pardon Paris a Monaco di Baviera, Yours Truly a Londra, e di partecipare a eventi come la Bruxelles Tattoo Convention e l’Épinal Tattoo Convention. Una delle esperienze più belle è stata al Three Tides Tattoo di Tokyo: trovarmi dall’altra parte del mondo, in un contesto così creativo e aperto, e sentirmi comunque a casa è stato incredibile. Lì ho percepito quanto il tatuaggio possa superare ogni barriera culturale e diventare davvero un linguaggio universale.”

Dopo tanti anni di esperienza e collaborazioni in Europa e in Asia, stai aprendo sempre di più il tuo percorso al pubblico internazionale. Che tipo di connessione desideri creare con la clientela oltreoceano e quale direzione artistica immagini per questa nuova fase del tuo lavoro?

“Il mio obiettivo è portare nel panorama internazionale la stessa attenzione che dedico da sempre al dialogo tra corpo e segno. Mi interessa creare una connessione autentica con la clientela oltreoceano, persone che vedono il tatuaggio non come ornamento passeggero ma come scelta consapevole e identitaria.”

“Ogni cultura percepisce il tatuaggio in modo diverso, ma ovunque c’è un desiderio comune di espressione e appartenenza. In questa nuova fase voglio continuare a raccontare storie attraverso l’equilibrio delle forme e la forza dei significati, unendo rigore tecnico, sensibilità estetica e rispetto per il corpo come linguaggio universale.”

Il tatuaggio, come dici, non è una moda ma un linguaggio. Qual è, secondo te, la differenza tra un semplice tatuaggio decorativo e un tatuaggio consapevole e narrativo?

“Il tatuaggio, nelle sue declinazioni storiche, è sempre stato prima di tutto un linguaggio: serviva a comunicare status, appartenenza a un gruppo, coesione o, a volte, distinzione. Nella sua accezione moderna, a causa della forte commercializzazione tra tv show, social e la diffusione tra sportivi, attori e musicisti si è spesso trasformato da forma di comunicazione a semplice emulazione.

Credo che, per quanto la resa estetica e tecnica sia fondamentale, sia altrettanto importante comunicare con il cliente, raccontare la storia del tatuaggio e restituirgli il suo significato originario. Aiutare chi si tatua a usarlo come linguaggio: per dire che ha combattuto una battaglia dentro o fuori di sé, che ha vissuto una gioia, perso un amore, ritrovato se stesso, o semplicemente, ma non così banalmente, che ha una forte fede in qualcosa.”

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